Tra tutti i problemi di un testo letterario che si possono presentare al traduttore, i più insidiosi, ma anche i più stimolanti, sono quelli posti dagli elementi cosiddetti culture-bound, specifici di una determinata cultura. La definizione stessa di tali elementi è problematica, dal momento che alcuni linguisti ritengono che siano da riferirsi principalmente alla realtà extralinguistica (topografia, flora e fauna, istituzioni sociali etc.), mentre secondo altri rientrano piuttosto tra i fenomeni intralinguistici e pragmatici (uso particolare della lingua come giochi di parole, proverbi etc.). Si può dire che la verità sta nel mezzo: gli elementi culture-bound, come detto, sono quelli specifici di una determinata cultura, e pertanto fanno parte di tutto ciò che si intende per cultura in senso lato, a livello sia extra sia intralinguistico. Per questo motivo, il traduttore dovrà essere “biculturale” ancor prima che bilingue, possedere cioè un’ottima conoscenza sia della cultura della lingua di partenza, sia di quella della lingua d’arrivo, in modo da poter cogliere tutte le “allusioni” presenti nel testo originale e adottare in seguito una strategia che gli permetta di trasferire nel testo di arrivo delle allusioni equivalenti.
Per quel che riguarda i nomi geografici di città, fiumi, mari, etc. questi non presentano particolari difficoltà, in quanto il criterio è ricorrere alla loro traduzione ufficiale nella LA qualora essa esista; in caso contrario rimarranno inalterati. I problemi sorgono quando i termini si riferiscono a fenomeni geografici o naturali di più ristretta occorrenza (bora, dolina, sacca; wintry shower, heath, fell) che per questo motivo possono necessitare di una riduzione dallo specifico al generico, o di una spiegazione, a meno che non si trovi per essi un termine adeguato nella LA (heath/landa?) .
I termini istituzionali, invece, variano da una lingua all’altra a seconda della diversa funzione o forma che l’istituzione assume nei diversi paesi per ragioni politiche o sociali: talvolta è sufficiente trascrivere tali termini (Foreign Office, Serie A) , mentre altre volte è necessario aggiungere ciò che Newmark chiama “binomio traduttivo”, cioè “la traduzione letterale o etichetta traduttiva più traduzione” (es. cassa integrazione/Italian redundancy fund) . Tale pratica può tuttavia comportare dei rischi, soprattutto se il referente non esiste nella lingua/cultura d’arrivo: nonostante la traduzione, si può creare un gap concettuale. Per fare un esempio, il certificato di residenza, che può essere tradotto con l’apparentemente trasparente residence certificate, avrebbe ben poco senso in inglese, dal momento che il concetto di residenza non esiste come lo intendiamo in italiano. Pertanto, se dal contesto non fosse chiaro, si renderebbe necessario un intervento del traduttore con una spiegazione all’interno del testo o in una nota a piè di pagina.
Tuttavia, gli elementi culture-bound che presentano i maggiori problemi sono costituiti dalle espressioni che contengono un aspetto culturale potenzialmente fuorviante: un barrister non ha esattamente gli stessi compiti di un avvocato, così non si mangiano le stesse cose durante il breakfast o per colazione. Anche qui, si può ricorrere alla trascrizione del termine (cricket, lasagne), alla traduzione letterale o trasparente o alla spiegazione. Quando queste soluzioni si rivelano inadeguate, è necessario che il traduttore faccia ricorso ad altre procedure quali:
1. Parafrasi
2. Spiegazione
3. Eliminazione qualora l’omissione del termine non sia rilevante ai fini del significato essenziale:
1. The boys were out playing conkers/I ragazzi erano fuori a giocare con le castagne d’India
2. The boys were out playing conkers/I ragazzi erano fuori a giocare a ‘conkers’ (un gioco inglese nel quale i bambini stanno uno con una castagna d’India a penzoloni da un filo, mentre l’altro cerca di rompere la castagna dell’avversario con la propria facendola roteare nell’aria)
3. The boys were out playing conkers/I ragazzi erano fuori a giocare
Per quel che riguarda le allusioni prettamente pragmatiche, il traduttore deve fare attenzione a non “farsele scappare”, così da trasmettere il messaggio dell’autore ai lettori, permettendo a questi di riconoscere a loro volta le allusioni presenti nel testo e di farsi coinvolgere nel processo della creazione dello stesso. Infatti,
A reader who recognizes a creative allusion achieves a deeper understanding of a passage or text, which means that he or she is somehow participating in the creation of a text […] on the same wave-length as the author .
Un’allusione è una
tacit reference to another literary work, to another art, to history, to contemporary figures, or the like .
È quindi uno stimolo inviato dall’emittente al destinatario, il quale ha il compito di decodificarlo, di trovarne cioè il significato “nascosto”.
Nel seguente esempio tratto da Ben-Porat si dimostra come si possa ricorrere per diversi motivi alle allusioni:
This is the nose that launched a thousand battles
This is the smell that launched a thousand barbecues
Entrambe le frasi si riferiscono alla battuta del Doctor Faustus “Was this the face that launched a thousand ships?”, ed entrambe la modificano in modi simili (diventa da interrogativa ad affermativa, vengono sostituiti gli stessi sostantivi e il tempo da passato remoto diventa presente). Ma mentre la prima è tratta da una versione cinematografica inglese del Cyrano de Bergerac, la seconda è uno slogan per pubblicizzare una marca di formaggio; se il destinatario riconoscerà la fonte della prima allusione, l’autore sarà riuscito nel suo intento di evocare il Doctor Faustus permettendo una più profonda interpretazione della storia che racchiuda tratti di tragedia e di finto eroismo. Al contrario, lo slogan pubblicitario non ha lo scopo di evocare l’opera di Marlowe, bensì di suggerire che coloro che riconoscono la citazione sono le persone che dovrebbero acquistare quel prodotto, dal momento che è qualcosa di speciale per qualcuno che è speciale (intelligente). Se il traduttore ha riconosciuto l’allusione è a metà dell’opera: la seconda difficoltà ora consiste nel trasporla in un eventuale TA italiano da buon mediatore culturale. Il quale deve dunque chiedersi quale sia la strategia più appropriata da adottare per creare lo stesso effetto degli originali e rispettarne quindi la funzione. L’allusione infatti è sicuramente più trasparente per il pubblico anglosassone, data la notorietà dell’opera di Marlowe ed in particolare della battuta citata; in casi simili il traduttore potrà optare per le seguenti possibili strategie:
Ø ricorso a una traduzione “standard”;
Ø ricorso a una traduzione letterale, senza curarsi del significato connotativo o contestuale;
Ø nota aggiunta all’interno del testo, in cui il traduttore aggiunge in maniera non intrusiva informazioni (sulle fonti etc.) che l’autore, dal suo punto di vista della LP, non ha ritenuto necessarie;
Ø ricorso a note a piè di pagina, nota introduttiva o altre spiegazioni non inserite nel testo, ma fornite a parte come informazioni aggiuntive;
Ø inserimento di marche interne al testo per segnalare attraverso strutture marcate dal punto di vista sintattico la presenza di prestiti;
Ø sostituzione con un elemento della LA;
Ø spiegazione dell’allusione tramite parafrasi;
Ø ricreazione dell’allusione, tramite una fusione di più tecniche: costruzione creativa di un passaggio che suggerisca le connotazioni dell’allusione o altri effetti da essa creati;
Ø omissione dell’allusione.
La strategia che richiede maggiore inventiva da parte del traduttore è senz’altro quella che prevede la sostituzione dell’allusione con un elemento della LA. Ad essa si ricorre in casi come quello sopra citato, quando cioè l’allusione sarebbe incomprensibile alla maggioranza dei destinatari della LA. È necessario che tale elemento rappresenti per il destinatario della LA ciò che l’originale rappresentava per il destinatario della LP: pertanto deve ricrearsi un’allusione che si mantenga se possibile nello stesso campo tematico e che abbia le stesse caratteristiche fondamentali dell’originale, al fine di produrre un effetto analogo ad esso. Uno dei tratti principali della frase usata come esempio è il fatto di essere tratta da un’opera letteraria molto nota al pubblico anglosassone: il traduttore di un eventuale slogan pubblicitario simile a quello citato potrebbe allora sfruttare una altrettanto nota citazione letteraria italiana, modellandola secondo le sue necessità. Si dà il caso che alcuni anni fa, proprio per pubblicizzare un prodotto alimentare, una nota marca di aceto, venisse usata una versione “rivisitata” della poesia La pioggia nel pineto di D’Annunzio: a piovere su “sedani, peperoni, e funghi porcini”, anziché sulle tamerici, sulle ginestre, e sui mirti divini era l’aceto. In questo caso si tratta di una modifica lessicale per sostituzione, dove, anziché trovarsi la parola chiave che ci si aspetta, viene introdotto un altro componente lessicale.
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